Case dei lettori

Fare amicizia con la propria casa

Cosa ci colpisce quando cerchiamo casa? Anna ci racconta l'incontro con la sua nuova casa e come stanno 'facendo amicizia' migliorandosi a vicenda e imparando a vivere insieme

Anna è una lettrice affezionata di CasaFacile, ci ha scritto raccontandoci il rapporto che si è instaurato con la sua nuova casa. La ricerca, i lavori di ristrutturazione e ora la convivenza. Avete mai pensato alla vostra casa come ad un'amica? 

Comprare e sistemare casa è un’avventura. Succede con una certa rarità e quando succede amici e conoscenti ti invidiano un po', si ricordano quando l’hanno fatto loro e pensano che gli piacerebbe avere l’occasione di rifarlo.

Chi lo sta facendo di solito è un po' meno entusiasta, perché è un’avventura faticosa e impegnativa e del cui splendore probabilmente ci si accorgerà solo una volta conclusa.

La scelta della casa è sempre istintiva, 'di pancia', e anzi ci si rende conto man mano che si va avanti nella ricerca che i criteri con cui si è partiti sono labili e discutibili, e spesso si compra qualcosa di diverso da quello che si era pensato.

Io per esempio sono partita con l’idea di una casa vecchia, una casa di corte, e ho finito per comprare, con grande gioia, una casa degli anni 60, un appartamento in un palazzo in una zona residenziale.

Succede che andando in giro e guardando le varie proposte del mercato, si scopre una casa in cui c’è qualcosa che ci piace, ma che facciamo fatica a dire cosa sia. È una sensazione simile a quella che abbiamo quando incontriamo una persona e ci piace, ci sentiamo bene con lei e abbiamo voglia di approfondire la conoscenza. Non sappiamo perché ma siamo convinti, decisi.
C’è chi usa, in maniera un po' impropria, il termine 'genius loci' (entità naturale e soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana) per indicare quella personalità che certe case sembrano avere.

A me sembra che tutte le case abbiano una loro personalità e che, una volta acquisite, si debba imparare a conoscerle e andarci d’accordo.

Bisogna fare amicizia con la propria casa, bisogna scoprire qualità e difetti.

Prima di trasferirmi nella nuova casa non ci avevo pensato. Mi ero sforzata di immaginare come potesse essere dopo i piccoli lavori che avevo scelto di fare. Ero certa di volere molto bianco, molta luce, molta aria intorno.

Venivo da case più piccole e soprattutto non mie, in affitto e l’ultima anche parzialmente arredata. Case in cui, dal punto di vista organizzativo, mi ero limitata a usare lo spazio a disposizione nel migliore dei modi. E in cui comunque mi sentivo abbastanza provvisoria da non preoccuparmi troppo se qualcosa non era esattamente come volevo.

Ora era tutto diverso. Ora, in uno spazio vuoto, toccava a me scegliere e inventare. Più facile a dirsi che a farsi!

Però quello che ho scoperto è che una casa vuota non è uno spazio vuoto che puoi riempire come ti pare. Una casa vuota ha quella sua personalità che devi conoscere, con cui ti devi mettere d’accordo.

Per esempio questa mia casa nuova, che ho scelto perché era semplice, lineare, razionale (mi ricordava il modo in cui mi vesto, che appunto è fatto di cose semplici e lineari a cui poi di volta in volta, se ho voglia, aggiungo un elemento forte, o distonico, apparentemente scoordinato ma che conferisce uno stile all’insieme), non ha un ripostiglio. Ce l’avrei potuto far mettere, e ci ho anche provato. Ma lei non voleva saperne. E allora mi sono inventata e mi sto inventando altre soluzioni.Piccoli nascondigli, scatole, contenitori. Eliminazione. Essenzialità.

Invece ama molto i libri. Ha accettato due librerie, una nuova e una vecchia, che presenziano con autorevolezza fin dall’entrata.

Un’altra cosa che mi ha fatto sapere con molta chiarezza, la nuova casa, è che non era disposta sopportare quegli ingombri di cose inutili che però non si ha il coraggio di buttare via. Non è che mi faccia mancare lo spazio, semplicemente mi sta dicendo se lo spazio vuoi che sia spazio, deciditi, tieni quello a cui tieni e archivia il resto. E così faticosamente sto scegliendo e separandomi da cose che in realtà non amo né uso né desidero, ma che qualcuno mi ha dato e a me dispiace dare via a mia volta.

Ovviamente sulle cose fondamentali siamo state d’accordo fin dall’inizio: niente tende per vedere gli alberi fuori, un grande divano, una scrivania sotto la finestra; tutto in ordine, riposto in armadi o contenitori tranne le foto, i ninnoli che vengono dalle case di nonni e genitori; i libri tutti in mostra e in vista, tutti da poter cercare, prendere e riprendere in qualsiasi momento. Una cucina bianca ma con le vecchie sedie della bisnonna, e per tavolo un’asse di castagno lasciata grezza, fatta per me da amici fraterni. Mobili vecchi, di famiglia, ereditati oppure usati, magari un po' rovinati, con un passato e una storia da raccontare, per chi la vuole ascoltare.

Come tutti i veri amici, anche questa casa mi sta costringendo a migliorare: usare l’ingegno, inventare, non fermarmi alla prima osteria, non arrendermi, pensare prima di fare. Bello, no?