Quando ero bambina la mattina del 25 mia sorella e io, come richiamate da un incantesimo, lasciavamo i letti prestissimo e correvamo a svegliare mamma e papà. Loro protestavano un po', ma poi si arrendevano - come avrei fatto io una ventina d'anni dopo con i miei figli. La mamma infilava la vestaglia e si andava tutti e quattro verso il soggiorno.
La porta era chiusa e papà diceva "State qui, vado avanti io": si intrufolava nella stanza senza permetterci di sbirciare e usciva scrollando la testa serissimo. "Mi dispiace, bambine non è arrivato niente". La scena si ripeteva ogni Natale e ogni volta, per un attimo, ci credevo. Il trucco funzionava: entrata in salotto, i regali mi sembravano sempre tantissimi.
Ripenso con tenerezza a quella farsa serissima di cui solo dopo molto tempo ho capito lo scopo: se non ti aspetti niente tutto ti meraviglia e mio padre
istintivamente pensava che quel giorno dovesse essere dedicato a questo, alla meraviglia.
Come lo pensavano i miei zii quando architettavano rocamboleschi arrivi di doni dal cielo per i miei figli, istruendo li loro cane ad abbaiare a comando, come se avesse visto un angelo planare con i pacchetti. Era un addestramento allo stupore: dopo aver guardato i regali si correva al presepe dove - altra meraviglia - era comparsa la statuina di Gesù Bambino a riempire la mangiatoia rimasta vuota fino alla sera prima.
Facevamo anche l'albero, ma ci interessava meno perché non raccontava una storia. Preferivamo il presepe, che cambiava angolo della casa (ma aveva sempre lo stagno con l'acqua blu fatta con l'inchiostro!). E benché io per natura non sia affatto nostalgica, mi sembra che quegli addobbi fossero più interessanti di quelli di oggi che mi provocano un irrazionale senso di sopraffazione, come se gli spazi della casa si restringessero senza però aprire finestre di meraviglia... Forse devo ancora trovare i decori giusti e voi li avete trovati? Raccontatemi (e raccontateci)!
Francesca Magni, direttore
