Ristrutturare

Disabili: una casa più facile

Anche tu, come noi, sei sensibile al tema ‘casa e disabilità’? Ecco l’interessante ‘faccia a faccia’ tra Lucilla Derin, nostra affezionatissima lettrice che ci ha raccontato le sue ‘disavventure’ alla […]

Anche tu, come noi, sei sensibile al tema ‘casa e disabilità’? Ecco l’interessante ‘faccia a faccia’ tra Lucilla Derin, nostra affezionatissima lettrice che ci ha raccontato le sue ‘disavventure’ alla ricerca della casa perfetta per lei e il marito che vive su una sedia a rotelle e l’architetto Marco Miscioscia*, specializzato nella progettazione di abitazioni e spazi fruibili dai disabili e dalle loro famiglie. Lucilla e l’arch. Miscioscia ci hanno aiutato a realizzare il servizio che trovi sul numero di marzo di CF.

(a cura di Paolo Manca)

Lucilla Derin «Viviamo a Trieste, in un’affascinante e luminosissima mansarda… siamo solo io Sergio, che dal 2000 è affetto da Sclerosi Multipla Primaria Cronico Progressiva, una disabilità che si evolve nel tempo e che, da allora, ci ha obbligato a cercare case (da allora ne abbiamo cambiate tre) con caratteristiche funzionali che, oltretutto, devono costantemente essere adattate/cambiate con l’evolversi della malattia. E non è stato affatto semplice perché, oltre alla forte presenza di edifici storici privi di abitazioni accessibili ai disabili, mancano esperti in materia che ti aiutino a progettare una casa su misura e non a ‘norma di disabile’… ogni disabile, infatti ha priorità e necessità diverse. Inoltre, tutto ciò che serve a un disabile (dalla cucina ai letti accessibili, fino ai sollevatori e alle rampe) è considerato un ‘prodotto di nicchia’ e, quindi, costosissimo. E anche se ci sono contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per acquistare gli ausili, spesso non bastano a coprire tutte le spese. Un consiglio che mi sento di dare, che noi non abbiamo potuto seguire per cause di forza maggiore: per non fare troppi traslochi quando si cerca casa insieme a un familiare disabile colpito da malattia progressiva, bisogna prevedere, per quanto possibile, le esigenze future, così da creare le condizioni per poter mettere in atto un domani degli adattamenti nella casa in cui si vive, senza essere costretti a dover cambiare casa».

Arch. Miscioscia «Lucilla ha ragione su tutto: molte delle case progettate anni fa presentano ambienti e spazi inadatti a chi ha poca autonomia o disabilità sia temporanee sia permanenti, risultando piene di insidie, ostacoli e pericoli…
 Adeguare gli ambienti esistenti però è quasi sempre possibile, oggi anche con un occhio di riguardo al design, in perfetto stile CasaFacile. 
Tale progettazione dev’essere ‘personalizzata’ andando oltre il ‘su misura’, per rendere la casa adatta sia alla persona in difficoltà sia a tutte le persone che in quella stessa casa ci vivono. Questo ci permette di non applicare la normativa nuda e cruda soltanto perché è obbligatoria, ma di progettare, di volta in volta per qualcuno la cui autonomia e indipendenza sono ridotte a causa di una ‘storia personale’ che non sarà mai uguale a quella di altri. Solo così si può trasformare correttamente un ambiente che rispecchi desideri, necessità, aspettative e percezioni della persona disabile e di coloro che gli vivono accanto. Per questo occorre rivolgersi solo a progettisti di comprovata esperienza nell’eliminazione delle barriere architettoniche soprattutto nel contesto dell’abitazione privata, verificando che l’approccio non sia mai standard e ripetitivo per evitare di rendere la casa un luogo inospitale ed asettico. Il bravo progettista infatti, deve trasformare lo spazio domestico in un luogo capace di stimolare le singole abilità e potenzialità inespresse della persona».

L.D. «L’appartamento in cui abitavamo al momento della diagnosi (2000) era di circa 50 mq, al 3° piano di una casa d’epoca senza ascensore. Sergio all’epoca aveva problemi di deambulazione a sinistra (sia braccio sia gamba) con uso più frequente di stampella e meno di carrozzina. I problemi si presentavano fin dal portone per il dislivello della soglia per il quale c’era rischio di inciampo e cadute; in più l’assenza dell’ascensore trasformava la salita di 3 piani in una vera impresa. In casa, la cucina stretta e lunga creava difficoltà nei passaggi e permetteva a Sergio di muoversi solo con la stampella e il minibagno (cm 130×170), rivestito con pericolose piastrelle scivolosissime aveva due gradini interni che lo rendevano inaccessibile».

A. M. «L’installazione di un nuovo ascensore in condominio per abbattere le barriere architettoniche è stato recentemente al centro di diverse sentenze della Corte di Cassazione, tutte a favore dei soggetti disabili: con la sentenza n. 2156/2012, per esempio, è stato deliberato che il disabile potrà far installare a sue spese un ascensore anche se ciò dovesse causare la restrizione della scala; con la sentenza n. 14096/2012, invece, la Cassazione ha stabilito che se l’installazione dell’ascensore finalizzata all’abbattimento delle barriere architettoniche è il mezzo necessario per garantire l’abitabilità di un appartamento, ciò può avvenire anche senza il rispetto delle distanze legali tra immobili (per esempio un ascensore esterno si può installare a meno di 3 metri dalle finestre degli appartamenti). In casa cucina e bagno sono ambienti importanti ed è fondamentale renderli fruibili ed ergonomici per tutti. Per esperienza posso dire che, con un buon supporto progettuale, si possono trovare quasi sempre delle soluzioni adeguate, anche nelle situazioni più complesse come quella esposta da Lucilla».

L.D. «Nel 2001 ci siamo trasferiti in un appartamento di 80 mq, in un condominio anni 70, sempre al 3° piano, ma con l’ascensore… che tuttavia non era a norma. Sergio all’epoca aveva un’autonomia di pochi metri con stampella e aiuto di una seconda persona poi, per i tratti più lunghi, uso della carrozzina. Il piccolo ascensore era a un livello rialzato rispetto alla strada (9 scalini) quindi raggiungerlo era ogni volta un percorso ad ostacoli… Morale: uscire e rientrare era un vero incubo! E in casa: le piastrelle del soggiorno, grande e arredato per lasciare liberi i passaggi, erano scivolosissime, la cucina dava gli stessi problemi di quella precedente; il bagno era un disastro: stretto, lungo con vasca su una parete, mobile con lavandino (scomodo) integrato, vaso incastrato in un angolo impossibile da usare e piastrelle scivolose. Abbiamo fatto il possibile: mettendo un maniglione sulla parete della vasca e un seggiolino che tenevo appoggiato sul bordo vasca così che Sergio, finché è riuscito a camminare, potesse entrare in vasca col mio aiuto e io riuscivo a lavarlo. Il vaso dopo un po’ non è stato più utilizzato e al suo posto abbiamo preso la ‘sedia comoda’… a mali estremi, estremi rimedi. In camera, tolti gli arredi che risalivano all’epoca del matrimonio, abbiamo messo un letto con telecomando che alzava sia la parte alta del corpo sia le gambe di Sergio, un’agevolazione essenziale per chi ha poca mobilità e rischia che la circolazione venga compromessa con gravi rischi alla salute».

A. M. «Ecco, Lucilla ha fotografato benissimo i problemi degli alloggi di quegli anni, dotati di vie di accesso… inaccessibili! Gradini e soglie alte all’esterno della casa si possono essere abbattere con rampe fisse in cemento o ferro zincato per pendenze e dislivelli importanti, tipo 4-6 gradini (il D.M. 236/89 ammette una larghezza minima di 90 cm e una pendenza massima dell’8%, ma l’ottimale è del 5%), da segnalare correttamente per gli ipovedenti; con rampe mobili o portatili, per piccoli dislivelli (un paio di gradini). Infine, con il servoscala o montascale fissi: un impianto di sollevamento con pedana o seduta integrata, pur non richiedendo opere murarie o modifiche a scale/gradini, necessita di uno spazio idoneo e sufficiente per le manovre di salita-discesa. Passando ai rivestimenti interni alla casa, per evitare il rischio di scivolare i pavimenti ceramici vanno progettati con piastrelle dalla finitura antiscivolo satinata il cui ‘coefficiente di sicurezza’ deve essere garantito dalla sigla R10 o R11; in più, dovrebbero inoltre essere ‘rettificate’ (per posa senza fughe). Anche i pavimenti vinilici opachi (oggi disponibili anche in versione design per ambienti domestici) hanno un’ottima capacità antiscivolo. La moquette e i tappeti? Da evitare, così come le pavimentazioni non compatte vecchio stile, come per esempio il cotto irregolare. Nei soggiorni spaziosi come quello di Lucilla, è bene pensare a dei contenitori sospesi, fissandoli 35 cm da terra: una libreria sospesa a sviluppo orizzontale è più ergonomica e ne facilita la gestione anche dalla carrozzina perché ne aumenta lo spazio per la rotazione, oltre a ridurre l’affaticamento nel raggiungere le parti troppo basse del mobile. Un accenno a percorsi e passaggi agevoli: per i percorsi interni la larghezza minima prevista è pari a 100 cm. I corridoi (larghi minimo cm 90) non devono essere troppo lunghi e devono prevedere degli spazi utili di almeno 120 cm, come per esempio nell’ingresso di casa e vicino agli accessi agli altri locali, per facilitare la rotazione della carrozzina o le manovre con il deambulatore. Le porte e i portoni di accesso devono avere una luce netta di 80 cm, ma è sempre consigliabile progettarli in relazione alla larghezza della carrozzina e allo spazio disponibile davanti all’infisso; l’altezza delle maniglie (da valutare caso per caso) deve essere compresa tra 80 e 100 cm.. Meglio scegliere porte scorrevoli, più facili da manovrare e non ingombranti».

L.D. «Dal 2007 viviamo in una mansarda di 114 mq in un condominio ristrutturato a regola d’arte (c’è l’ascensore a norma!) e vicina al centro, un’area che offre tutti i servizi e permette a Sergio di avere una vita sociale pur essendo completamente paralizzato dal collo in giù, su una carrozzina elettrica con comandi a bocca, che ‘guida’ egregiamente da solo! Anche se mio marito ha sempre bisogno di salire e scendere con qualcuno perché non può premere i tasti per scegliere il piano, è facilitato dal fatto che l’ascensore è dotato di due porte contrapposte, per cui può entrare da un lato e uscire dall’altro senza bisogno di effettuare retromarcia e manovre difficili. In casa si entra subito in un grande spazio aperto di 53 mq (solo una quinta in cartongesso che serve per schermare la cucina costringe Sergio a fare una curva che eviterebbe volentieri), un luminosissimo e accessibile open space, che ingloba salotto e zona cucina con isola centrale: un’area con ampi passaggi (di almeno 1 metro) che permettono a Sergio di muoversi liberamente, una vera conquista! Il pavimento è tutto in parquet di rovere e, se pur caldo ed elegante, non è adatto ai cingoli della carrozzina, che a lungo andare lasciano… il segno! Preferirei piastrelle opache e antiscivolo. La cucina per noi è perfetta: ergonomica, funzionale, ben attrezzata e colorata, definisce gli spazi senza bisogno di elementi divisori, se non la comoda isola che la separa dal living e intorno alla quale Sergio può muoversi tranquillamente. Abbiamo anche una comodissima dispensa-ripostiglio».

A.M. «Visti i generosi mq, ottima la scelta di una più vivibile e dinamica cucina a isola ‘senza barriere visive’ che, creando una piacevole unione con il living, rende lo spazio aperto alla convivialità permettendo anche a Sergio di muoversi liberamente in carrozzella e di condividere con Lucilla i momenti della preparazione del cibo».

L.D. «Dal soggiorno si accede direttamente all’antibagno, un concentrato di difetti e di scomodità: oltre a essere troppo piccolo, è dotato di 3 porte (una dà sul mio studio-guardaroba) e ci costringe ogni volta a fare manovre impossibili per portare Sergio in bagno spostandolo dalla carrozzina elettrica a una normale (più piccola). Oltre allo stress, abbiamo rovinato tutte le porte… Una nota positiva? Grazie a interventi passati, il bagno è completamente a norma, perché quando siamo entrati lo abbiamo rifatto su misura per la disabilità in evoluzione di Sergio: mettendo tutti i maniglioni necessari per tenersi (ora non servono più) e rimuovendo la vasca per creare una funzionale area doccia con, al posto del piatto, un mosaico di piastrelle antiscivolo a filo pavimento. Anche il lavabo e il vaso sono perfettamente adatti a Sergio. La cosa importante è che, per il suo tipo di disabilità, in bagno abbiamo dovuto calcolare gli spazi per due persone, per lui e per chi lo assiste».

A.M. «L’antibagno dev’essere rettilineo (per evitare di curvare con difficoltà) in uno spazio di almeno 120×160/200 cm e in asse con le porte, che devono avere un’apertura scorrevole di 80/90 cm per non creare ostacoli durante le manovre. La cosa migliore, nel caso di Lucilla, sarebbe quella di ridistribuire gli spazi per adottare un sollevatore a soffitto che, dalla camera, consenta di portare Sergio direttamente in bagno, senza dover passare dall’antibagno con estenuanti fatiche e disagi per tutti».

L.D. «Dall’antibagno si accede allo studio-guardaroba dotato di un angolo home-office e cabina armadio (in camera da letto non ci stava). Ed è anche l’unico ambiente dove posso stendere i panni lavati e stirare. Insomma, è il mio regno-rifugio che, pur avendo una porta accessibile, rimane solo mio e Sergio ne resta volentieri fuori…».

A. M. «Se lo spazio lo consente è ideale la creazione di zone della casa dove ogni membro della famiglia possa trovare momenti di svago e di privacy da dedicare a se stesso. E nella progettazione della zona studio-lavoro-svago del familiare meno autonomo bisogna prevedere un’area operativa ergonomica, con ausili tecnologici dotati di interfacce opportune per impartire comandi (per esempio controllo vocale, ottico, a fiato, ecc…) che lo aiutino a leggere, giocare, studiare, imparare e lavorare».

L. D. «La nota dolente dell’appartamento è la camera da letto con accesso diretto dall’open space: pur essendo dotata di un’ampia porta a due ante che facilita l’accesso e pur risultando il locale più ampio dei tre disponibili, per le esigenze di Sergio dovrebbe essere più grande e più alta. Noi dormiamo per forza in letti separati, quindi abbiamo ovviato alla scarsità di spazio accostandoli entrambi sul lato sinistro della stanza, rendendo così più ampia possibile l’area fruibile per la messa a letto di Sergio. La camera è mansardata: ciò non ci ha permesso di installare un sollevatore a soffitto. Bisognerebbe avere il coraggio di lasciare questa stanza per progettarla in un’altra parte della casa, dove il soffitto è alto abbastanza per poter installare il sollevatore…».

A.M. «La camera è uno degli ambienti da progettare con maggiore cura e attenzione e va studiata caso per caso. In linea generale si può dire che:
- la superficie minima varia da 350×300 cm in stanze con un letto singolo (meglio se a una piazza e mezzo) a 550×400 cm per camere a due letti;
- a seconda delle esigenze il letto può essere ad altezza variabile e dotato di una rete elettrica articolata da 3 o più snodi. E’ da preferire il modello a una piazza e mezzo rispetto al singolo.
- a lato del letto serve uno spazio libero per gli spostamenti e le manovre di almeno 120-150 cm, per la rotazione della carrozzina o garantire la presenza di un operatore di supporto;
- per il passaggio corretto tra mobile e mobile e/o mobile e muro servono almeno 75 cm.
- Il comodino deve essere di circa 20 cm più alto del materasso, possibilmente su rotelle e con piano mobile che accostato al letto assume anche la funzione di vassoio-tavolino.
- Armadio o cabina armadio? Se si ha solo lo spazio per un armadio tradizionale, bisogna sceglierlo con ante scorrevoli salvaspazio e che permettano di avvicinarsi il più possibile all’interno dell’armadio. La cabina, sicuramente più ingombrante, a volte si rivela essere la scelta migliore perché permette di organizzare in autonomia un’area totalmente accessibile, dotata di accessori smart a vista e ad altezza idonea. Utilissimi i servetti appendiabiti (manuali o elettrici se indispensabili per l’autonomia), i ripiani a scorrimento che, insieme ai frontali dei cassetti, dovrebbero essere trasparenti per avere sempre tutto a vista (anche sui ripiani più alti) e facilitare così la scelta degli abiti».

L.D. «Il nostro sogno (forse un giorno realizzabile)? Un bel terrazzo accessibile!».

A.M. «Bisogna garantire una buona visibilità all’esterno sia a chi è costretto in posizione sdraiata (e passa quindi molto tempo in una stessa stanza), sia a chi, trovandosi su una carrozzella, osserva le cose da una posizione più bassa. Ecco come fare: le portefinestre devono essere dotate di una protezione nella parte inferiore alta 40 cm e i sistemi di apertura devono essere di facile azionamento e raggiungibili da posizione seduta, con la maniglia posta a circa 80-100 cm di altezza (le finestre più alte devono avere apertura automatica con comandi a distanza); su balconi e terrazze evitare parapetti opachi che ostacolano la vista o spazi vuoti tra pavimento e davanzale, in cui possano incastrarsi le ruote della carrozzina. Se serve, i pavimenti di balconi e terrazze si possono anche rialzare con pavimenti autoposanti e removibili’ per raggiungere l’altezza della pavimentazione interna ed eliminare così eventuali dislivelli.

Infine un accenno alla zona di residenza: Lucilla fa bene a sottolineare l’importanza di scegliere la casa in una zona di residenza accessibile e ‘fruibile’ al massimo: scelta fondamentale per garantire a ogni utente una buona partecipazione alla vita sociale, potendosi così sentire parte attiva all’interno della comunità e non un recluso nell’ambiente domestico».

*L’arch. Marco Miscioscia è contattabile sul sito www.easyhome.it

Testi

CasaFacile

Ti potrebbe interessare